Lo smart working sta cambiando profondamente la vita all’interno delle aziende ma soprattutto il nostro modo di approcciare il lavoro, si sta rivelando come uno dei trend trainanti degli ultimi due anni e lo sarà ancora di più nell’immediato futuro come gli ultimi 2 mesi di lockdown hanno mostrato chiaramente. IDC, importante società di ricerche di mercato, ha sottolineato come entro il 2023, in Europa, oltre due terzi dei manager si troverà a gestire team di lavoro svincolati da limiti di luogo e di tempo. Le aziende, sempre secondo IDC, spenderanno nel 2020 970 milioni di euro in applicazioni software per la collaboration e il content workflow management, soprattutto in ambiente cloud.
Se nel 2019 gli smart worker in Italia hanno toccato quota 570.000 (+20% rispetto al 2018), nel 2020 sono quasi raddoppiati con 554.000 nuovi lavoratori (dati del Ministero del Lavoro). L’emergenza sanitaria Covid-19 ha accelerato un processo già in atto e dal grande potenziale: in Italia ci sono 8,2 milioni di dipendenti che svolgono un lavoro che potrebbe godere della digital trasformation, come parzialmente dimostrato dall’aumento dell’82% degli smart worker all’interno delle Blue Chip italiane (fonte Dataroom Corriere e Politecnico Milano).
Smart working e aziende nel pubblico e nel privato
La penetrazione dello smart working nel panorama industriale italiano ha coinvolto grandi aziende, piccole e medie imprese (PMI) e pubbliche amministrazioni (PA). Il 58% delle grandi aziende (più di 500 dipendenti) ha introdotto iniziative strutturate per diffondere il Lavoro Agile – come viene definito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – con l’obiettivo di migliorare il bilanciamento vita-lavoro (78%), aumentare l’engagement e attrarre nuovi talenti (59%) e perseguire la nuova cultura orientata al raggiungimento degli obiettivi (43%). La principale barriera a questa introduzione è rappresentata dalla mancanza di interesse e resistenza da parte del top management (50%).
Lo smart working era già in crescita anche nelle PMI e nelle PA seppur con minor incisività: secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano nelle PMI i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12% attuali e quelli informali dal 16% al 18%, mentre il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile. I motivi dell’introduzione dello smart working nelle PMI vanno ricondotti in buona parte alla volontà di migliorare il benessere organizzativo (50%) e i processi aziendali (26%), per contro la barriera principale è rappresentata dal ritenere non applicabile alla propria realtà il lavoro agile (68%). Le pubbliche amministrazioni hanno, come principali motori di questa trasformazione digitale, un mix di quanto visto nelle grandi aziende e nelle PMI: miglior bilanciamento vita-lavoro (78%), miglior benessere organizzativo (71%) e miglioramento produttività e qualità del lavoro (62%). Le tre principali barriere sono costituite dalla non applicabilità alla propria realtà (43%), non consapevolezza dei benefici ottenibili (27%) e attività poco digitalizzate e con tecnologia inadeguata (21%).
L’emergenza Coronavirus e il conseguente periodo di lockdown – che , a ben vedere, possiamo definire come uno “stress-test” dal punto di vista della tecnologia abilitante la Collaboration – ha dimostrato che il lavoro da remoto si può fare, pur nella consapevolezza delle vulnerabilità e criticà, e che c’era bisogno di costruire una resilienza digitale. Questo ha fatto crollare molti degli alibi che portavano le organizzazioni pubbliche e private italiane a muoversi lentamente e con ritardi rispetto ai trend degli altri Paesi.
Abbiamo compreso che il “come” si lavora e’ più importante di “dove” si lavora; che lavorando per obbiettivi, anche l’orario rigido di lavoro è un concetto superato; che il lavoro da casa può essere altamente efficace e produttivo e conciliare un miglior equilibrio tra vita privata e vita professionale aumentando la motivazione e l’engagement delle persone che lavorano. Pensiamo alla “gig economy”: ci sarà più spazio per lavoratori on-demand o full-time workers come studenti, mamme a casa, etc
La tecnologia è stata chiave durante e lo sarà anche dopo l’emergenza. Stiamo infatti già vedendo come nella Fase2, alcune attività ordinarie sono già cambiate ed indietro non si torna.In generale, ci siamo un po’ tutti riconciliati con la tecnologia, ne abbiamo visto bene i vantaggi e la facilità d’uso, abbiamo maturato un senso di maggior fiducia e competenza nell’utilizzo dei vari supporti digitali che questo ormai è parte di un patrimonio digitale acquisito.
Il Covid-19 ed il lockdown hanno aumentato l’adozione di soluzioni di “collaboration ” su tutti i segmenti soprattutto in ambito Istruzione, Sanità, Governo e PMI.
L’adozione delle soluzioni di communication & collaboration continuerà e diventerà parte del nostro vivere quotidiano (video, chat, calls, messaging,etc): ora non c’è più bisogno di spiegare il beneficio della Videoconferenza e dello Smartworking
E’ emersa la necessità di modernizzazione degli investimenti e delle infrastrutture esistenti. La domanda di video collaborazione, l’abilitazione al lavoro da remoto e la necessità di modelli di consumo flessibile come offerte cloud e subscription hanno decisamente accelerato.
Come lo smart working rimodella gli spazi fisici e quelli digitali, cambiando il nostro modo di collaborare nella vita privata come nel lavoro.
La digital trasformation è la chiave abilitante del processo di smart working in azienda. Il trend in atto vede gli spazi fisici aziendali diventare flessibili e si fa largo la possibilità di accedere alle risorse e alle informazioni aziendali da qualunque luogo e in qualunque momento. La scrivania diventa così un digital workplace mediante l’uso di soluzione di soluzioni di UCC – Unified Collaboration e Communication, piattaforme teconologiche abilitanti che consentono ai dipendenti di accedere alle risorse ovunque ci si trovi tramite il cloud e di collaborare e comunicare sia con i team aziendali interni ed esterni sia con team aziendali internazionali. Uno delle caratteristiche principali delle moderne soluzioni di UCC è l’apertura verso l’ecosistema esterno sfruttando un approccio API first che consente alla piattaforma di aprirsi e integrarsi con i processi aziendali e non solo. Secondo Gartner entro il 2022 il 70% dei gruppi di lavoro aziendali si avvarrà prevalentemente di piattaforme digitali di collaborazione e comunicazione, il che rappresenta una sfida per i manager, i quali non potendo più contare sulla presenza fisica dei collaboratori come strumento di misurazione della qualità del lavoro, devono maturare o consolidare la capacità di gestire le persone, dare obiettivi, individuare nuovi indicatori di performance e motivare lo smart worker.
Tutto ciò rappresenta la premessa del lavoro veramente agile, del modo diverso con il quale collaboreremo, degli stili di leadership che necessariamente cambieranno insieme ai nuovi modelli organizzativi che si imporranno. La cultura delle organizzazioni sarà sempre più improntata al lavoro per obbiettivi e all’engagement delle persone e alle interazioni tra team di lavoro, considerando un intero ecosistema.
Il lavoro del futuro consentirà una maggiore varietà di modelli, una maggiore diversità ed inclusione.
In sintesi, qual è quindi la lezione ci portiamo a casa da questo lungo periodo di emergenza e criticità?
Essenzialmente che accelerare la digital transformation non più un’ opzione ma una esigenza, che è al tempo stesso una grande opportunità di sviluppo. L’emergenza ha spinto sulla digitalizzazione dei processi e sulla capacità delle organizzazioni di trasformarsi adattandosi continuamente ai cambiamenti del mercato e di garantire continuità delle attività anche in condizioni critiche. Praticare il vero lavoro agile o smart working richiede, adesso più che mai, grande chiarezza su come ripensare i modelli organizzativi per rispondere meglio ai nuovi paradigmi di business che emergono dal cambiamento nei mercati derivante dall’emergenza Covid-19 a livello mondiale.
Se consideriamo il settore pubblico per esempio, vediamo il segmento dove questa necessità e difficoltà nel cambio di passo sono più evidenti, ma al tempo stesso necessari ed urgenti.
E anche la Circolare Dadone va dritta in questa direzione: ricorso, in via prioritaria, al lavoro agile come forma di svolgimento della prestazione lavorativa – Cloud, Lavoro da Remoto, Uso di Dispositivi Personali. Soprattutto nella PA i dirigenti sono ora esplicitamente incoraggiati a fare questa esperienza per capire e gestire meglio il lavoro a distanza dei collaboratori e sviluppare nuove competenze di leadership in un contesto organizzativo sempre più digitale. Un grande passo, pertanto, proprio nel segmento pubblico, quello storicamente più resistente all’adozione dello smart working.
In conclusione, l’emergenza sanitaria di questi mesi ha solo accelerato l’esigenza – o meglio, l’opportunità – dello smart working, e ne ha reso ancor più evidenti i vantaggi a livello individuale, aziendale e socio-economico di sistema paese. Facciamo ben attenzione però a non confondere il semplice lavoro da remoto con il lavoro agile e a riconoscere che la digitalizzazione insieme al cambio dei modelli organizzativi del lavoro sono un treno che è già in corsa e a livello globale: le organizzazioni pubblice e private che tentennano a salirci sopra ora rischiano di perdere vantaggio competitivo e di non avere quella resilienza digitale che è ormai un requisito fondamentale per la sopravvivenza delle aziende agli shock socio-economici e di mercato.
In condizoni di crisi la resilienza è infatti una una necessità di business, e sempre di più, un’ arma strategica alimentata dalle digital capabilities. Clienti e cittadini hanno capito nell’emergenza cosa serve: cloud, più digitale e più automazione…e le aziende non possono più ignorarlo.
Intervento a cura di: Massimo Palermo – Country Manager Avaya Italia